Io sono Luce che permea i giardini d'Arcadia con occhi che sembrano stelle e fascinose labbra scarlatte vettrici d'un soffio immanente. Un verde idillio scolpito nella mia veste d'avorio soggiace ogni paura ancorandomi alla Vita.
Sotto quest'olmo giaccio con le Ninfe d'Artemide, su quest'erba più soffice del sonno attendo il risveglio di Pan. Nella sua vergine casa celebro il mio legame alla terra errando dalle acque di Vita al vertice dell'Etna. Vivo per sempre in Arcadia.
Io, da una luce assordante tristemente attratto porto meco la tenebra del Tartaro, il suono d'un flauto spezzato nella bocca di Dio.
In apparenza ignorato dal Caos, inconsapevolmente pregno di Morte, questo regno incarna ogni forma d'odio, fertile terreno per aride spighe.
Non v'è luogo ch'io non possa raggiungere Non v'è dono ch'io non possa elargire Non una vita ch'io non possa spezzare.
Io, un avverso destino invocato in segreto, su questa lapide tuono,
Non v'è luogo ch'io non possa raggiungere Non v'è dono ch'io non possa elargire Non una vita ch'io non possa spezzare.
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