Non havea Febo ancora recato al mondo il dì, ch’una donzella fuora del proprio albergo uscì. Sul pallidetto volto scorgeasi il suo dolor, spesso gli venia sciolto un gran sospir dal cor. Sì calpestando i fiori errava or qua, or là, i suoi perduti amori così piangendo va:
«Amor», dicea, e ’l piè, mirando il ciel, fermò, «Dove, dov’è la fe’ che ’l traditor giurò?» Miserella, ah più no, no, tanto gel soffrir non può. «Fa che ritorni il mio amor com’ei pur fu, o tu m’ancidi, ch’io non mi tormenti più. Non vo’ più ch’ei sospiri se non lontan da me, no, no che i martiri più non darammi affè. Perché di lui mi struggo, tutt’orgoglioso sta, che si, che si se ’l fuggo ancor mi pregherà? Se ciglio ha più sereno colei che ’l mio non è, già non rinchiude in seno amor si bella fè. Né mai sì dolci baci da quella bocca avrai, nè più soavi, ah taci, taci, che troppo il sai.»
Sì, tra sdegnosi pianti, spargea le voci al ciel; così nei cori amanti mesce amor fiamma e gel.Teksty umieszczone na naszej stronie są własnością wytwórni, wykonawców, osób mających do nich prawa.