Okay, alzami il volume in cuffia e ti racconto una storia che fa più o meno così
Quasi alla fine d'aprile, un sole mite scalda le vite Andando a comparire come una morsa sul campanile La mossa della folla è colpire la sposa in cortile Col riso mentre lei commossa in viso mormora, poi canta e ride Negli anni '90 post champagne e bollicine Una festa di nozze calma ogni lite Vede i leader di aziende vicine Mangiare ribes trattando in lire Faccende pratiche al margine delle pagine di "Limes" Le bambine corrono agili come fanno le bandite Sfiorano i calici fragili sulle tavole imbandite Ed i maschi guardano le partite, i loro padri idem Le madri si sono presentate e sono diventate amiche Solo un infante, là, non lascia la genitrice distante Ma nemmeno per un istante e le dice Che ha braccia stanche di stare nelle camicie, perlopiù in una gigante due taglie più grande e dalle sfumature grigie Miope, così tanto, da pregare ogni Santo Dio per un nuovo calcolo delle diottrie Che sia in calo e non un rincaro amaro per il deficit Che il mondo sfocato, vuole guardarlo in dieci decimi È raro che i dettami etici dei coetanei vedano pregi In quegli occhiali consigliati dai medici Con dei vetri enormi, assurdi Che ti dimentichi quasi sotto ogni palpebra lui abbia degli occhi azzurri Così tra auguri e latte di mandorla Vede una creatura oltre natura seduta a fianco di mamma Lui la guarda con paura e faccia bianca Lei si alza, indica la montatura E chiede sicura: "Quanto ti manca?"
Guardarsi negli occhi Non è mai un momento perso In un mondo sempre più complesso e spesso fragile E quando un mal di testa ti riserva l'Oki Metti vestiti comodi anche senza loghi E ricorda quando piano parlavamo notti senza log in
Ah, poche settimane sono abbastanza E lui nella sua stanza, ha l'aria stanca Mentre immagina di rincontrarla Un consiglio di suo padre che gli parla della madre da ragazza Pone al figlio una domanda ormai standard: "Quanto ti manca?" Con una gamba sulla branda prende penna e carta, lì Schiaccia il pulsante e spiaccica l'inchiostro rosso su un'altra pagina bianca: mostro, fantasma, fantastica di incontri in spiaggia o davanti a un piatto di pasta Lui con gli occhiali di gas, das o plastica E il difetto alla vista che non adombra la tinta talassica Quasi vuole fermarsi qua Tra i passi in fogli sparsi dove vede comparso il graal, Parsifal Passa da Fonti di dottrina in fondi di bottiglia A farne una poltiglia irreparabile col mastice E i disegni mutano i naselli in gambe Ogni lente e le aste, in lanterne Poi nelle antenne dell'astice Sono scarabocchi su carte stracce E li mette da parte quando coi suoi Parte per un ristorante Luogo in cui lui capisce davvero, incredulo da un metro Di rincontrarla per caso nel chiasso di via Toledo Vestita di nero, sorriso pieno Parlano del più e del meno Nel divertimento in cui scherzano senza freno Finché un fremito o un pensiero fa lui serio Sentendo una domanda che l'altra pone Forse con tono leggero "Perché porti quegli occhiali fiero? "Che sono larghi, che sono vecchi Con tanti graffi, con lenti grandi Che sono pessimi e spessi di vetro?" Perché solo con questi ti vedo
Guardarsi negli occhi Non è mai un momento perso In un mondo sempre più complesso e spesso fragile E quando un mal di testa ti riserva l'Oki Metti vestiti comodi anche senza loghi E ricorda quando piano parlavamo notti senza log inTeksty umieszczone na naszej stronie są własnością wytwórni, wykonawców, osób mających do nich prawa.